La politica è morta, viva la politica… forse



In questi giorni nei palazzi della politica andava svolgendosi la più importante successione istituzionale del paese: i parlamentari, insieme ai delegati delle regioni, avevano il compito di scegliere il nuovo Presidente della Repubblica. L’operazione si è ormai conclusa e ha visto succedersi all’ex presidente Sergio Mattarella, il neo presidente Sergio Mattarella. Per fortuna o purtroppo non è un caso di omonimia. Dopo 6 giorni di trattative le forze politiche non sono riuscite a colmare le proprie divergenze indicando un nome alternativo a quello dell’ex presidente. Già di per sé la rielezione di un presidente è una forzatura ma in questo caso va addirittura contro la volontà del diretto interessato, che, ragionevolmente stufo di dover gestire capricci e giochetti dei partiti, aveva fatto capire chiaramente di non voler essere rieletto.

Questo risultato certifica il fallimento e il disfacimento della politica italiana. In questa settimana sono stati proposti innumerevoli nomi di alto profilo: eminenti costituzionalisti, membri delle più alte cariche istituzionali e altri profili di altissimo valore, tra cui anche numerose donne; tutte figure che avrebbero potuto ricoprire benissimo, con serietà e competenza, il ruolo di garante delle istituzioni che la Costituzione assegna al Presidente della Repubblica. Questi profili di altissimo valore sono stati “bruciati”, come si dice in politichese stretto, uno dopo l’altro, ma hanno confermato al popolo italiano che esiste una classe dirigente di enorme valore e che, probabilmente, proprio grazie a queste figure, il nostro paese e le sue istituzioni, così tanto maltrattate dalla politica, sono ancora vive e vitali. L’assurdità è che queste eminenti figure, a cui i politici si sono rivolti per ricoprire la massima carica politica e istituzionale del paese, altri non sono che quei tanto disprezzati “professoroni”, facenti parte della tecnocrazia italiana, contro cui alcuni dei nostri autoproclamati statisti si sono spesso scagliati nei loro comizi, post sui social e interviste.

Le scusanti a questa ennesimo fallimento da parte della politica possono essere innumerevoli: nessun partito aveva un peso tale da poter prevalere sugli altri, bisognava trovare un candidato che riuscisse a non scontentare gli alleati di governo (praticamente ¾ delle forze politiche del paese), il leader politico che si è intestato la regia di questa elezione aveva un piede in due staffe e troppi interessi collaterali su cui tutelarsi, la scellerata candidatura di Berlusconi dei giorni precedenti l’elezione e le divisioni interne alle formazioni politiche; resta però il fatto che il presidente della Repubblica viene eletto ogni 7 anni, la legislatura attuale è iniziata 4 anni fa e l’attuale maggioranza si è formata a inizio dello scorso anno, quindi il tempo per trovare un accordo non è certo mancato. Il fallimento più grande della politica però non è tanto quello di aver ulteriormente scardinato il sistema istituzionale del paese, ma piuttosto quello della volontà di diversi leader di intestarsi questa (non) vittoria per far apparire minore la loro inadeguatezza: è subito iniziato il walzer di dichiarazioni dei vari leader in cui ognuno ha cercato di intestarsi meriti che non ha, oltre a fare distinguo allo scopo di addossare ad altri le colpe del proprio fallimento. Si sono persi inutilmente sei giorni in un momento storico in cui la priorità assoluta dovrebbe essere quella di risolvere le criticità e le situazioni di disagio dei propri concittadini invece che scannarsi sull’elezione del Presidente della Repubblica senza, peraltro, combinare nulla. Con questa elezione quirinalizia l’inadeguatezza di una politica fatta di tweet e post su Facebook e Instagram è esplosa in tutta la sua evidenza.

Le soluzioni che stanno emergendo per ricomporre la sempre più evidente frattura che divide esponenti politici e comuni cittadini, sono, a mio avviso, inadeguate, e rischiano solamente di peggiorare la situazione. Le due ipotesi più quotate sono: l’elezione diretta del capo dello stato da parte dei cittadini e il passaggio di una legge elettorale proporzionale con un'alta soglia di sbarramento. L’elezione diretta del Presidente farebbe venir meno quella funzione di garante della costituzione che deve essere impersonata da una persona di alto profilo superpartes, aprendo invece la strada all’elezione dei vari leader politici che al momento hanno tutto fuorché le competenze e i curriculum adatti, abbiamo infatti: un ex bibitaro del S. Paolo di Napoli; un altro la cui vita è interamente filtrata e postata sui social, che nel curriculum alla voce studio può vantare una meravigliosa rinuncia agli studi universitari dopo 12 anni di fuoricorso e che per finire fino a non molto tempo fa propagandava slogan quali “con la costituzione mi ci pulisco il…”, “secessione, Padania libera” e altre amenità affini; e infine l’unica leader politica di genere femminile che dimostra continuamente una grettezza imbarazzante, della serie “parlo come magno”, che da sempre strizza l’occhiolino all’estrema destra tanto da avere tra le sue fila di partito persone che si rifanno a una ideologia e a una cultura fascista. Il proporzionale puro invece riproporrebbe gli stessi problemi attuali: uno scenario in cui le forze politiche sono così diverse tra loro che sarebbe impossibile, e forse impensabile, una loro collaborazione; finendo inevitabilmente per bloccare i processi istituzionali. L’unica riforma costituzionale che a mio avviso servirebbe al paese è quella della non rieleggibilità presidenziale. Oggi è stato rieletto un capo di stato che rappresenta al meglio i valori di unità e rappresentanza del paese, ma questa scelta in un futuro non troppo lontano potrebbe dar modo a personaggi di tutt’altra levatura politica e morale di farci ripiombare in un pericoloso passato, la cui ideologia è bene combattere con ogni mezzo possibile avendo ben presente i crimini commessi da quei regimi che ne furono espressione.

L’elezione di oggi ha posto una netta e importante cesura sulla attuale classe politica e sembra difficile che possano far peggio di così, anche se bisogna ammettere che quando c’è da raschiare il fondo del barile in Italia siamo campioni indiscussi. Da questo punto così basso raggiunto dalla politica oggi spero ci possa essere una risalita e un miglioramento nell’azione decisionale delle sorti del paese.

Il “forse” presente nel titolo rappresenta però la contraddizione più grande dell’intero processo politico: queste persone che ci rappresentano e che ci stanno abituando ad una sempre più indegna spettacolarizzazione del processo decisionale, sono state votate da noi cittadini! Il loro cambiamento deve quindi necessariamente passare attraverso un cambiamento da parte di noi elettori e per ottenerlo sono necessarie due condizioni: un voto maggiormente partecipativo (perché è inutile lamentarsi se poi non si esercita il proprio diritto dovere di scelta) e una migliore capacità di riconoscere e premiare le qualità di coloro che si vogliono eleggere, ascoltando, riflettendo e dibattendo coi candidati stessi le loro proposte, invece che votarli solamente perché lo dice il leader politico che ci piace tanto. Le prossime politiche saranno tra poco meno di un anno, scegliamo come rappresentanti persone serie e qualificate che assomiglino più a quella classe dirigente che è stata proposta alla Presidenza della Repubblica invece di chi non fa altro che cercare consensi alimentando divisione sociale e risentimento nei confronti dell’avversario.

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