La forza delle idee
Oggi
sono andato a sentire una conferenza davvero interessante il cui tema era il
conflitto Israelo Palestinese. A parlare di questo tema così interessante e
complesso al tempo stesso Paolo Branca che è stato docente di Lingua e
Letteratura Araba in varie università italiane.
In
realtà il Professore non si è soffermato tantissimo sul tema principale e ha
voluto invece illustrarci maggiormente la visione d’insieme della situazione di
instabilità del Medioriente oltre a darci alcuni spunti di geopolitica a
livello globale. Con questa metafora per me si riesce a riassumere
efficacemente quanto detto in questa avvincente conferenza: non è tutto oro ciò
che luccica e non è tutta merda ciò che puzza.
Cerco
di spiegarvi meglio, la conferenza ha preso inizio con la spiegazione di ciò
che accadde sul fronte ottomano durante il primo conflitto mondiale, scenario
che di solito viene tralasciato durante gli studi scolastici riguardanti la
grande guerra. Branca ha spiegato che la disgregazione dell’ultimo grande
impero mediterraneo iniziò poco dopo lo scoppio della guerra, in quanto Francia
e Inghilterra convinsero le popolazioni di quei territori che oggi chiamiamo
stati del Maghreb (Algeria, Libia e Tunisia), oltre all’Egitto, a ribellarsi
alla sudditanza Ottomana e a spalleggiare gli stati dell’Intesa promettendo
l’indipendenza. In realtà alla fine del conflitto questi territori diventeranno
colonie Inglesi (Egitto) e Francesi (area del Maghreb).
La
poca attenzione posta a fatti che saranno alcune delle concause all’origine
della situazione di attuale instabilità dell’area mediorientale, è dovuta,
secondo il Professore, al fatto che nella mentalità europea, e ancor più italiana,
tutto ciò che avviene al di fuori del proprio ambito territoriale non ha
rilevanza, o se ne ha, passa in secondo piano. Come esempi ci ha riportato la
singolarità del fatto che in Italia datiamo (nel parlato comune) il primo
conflitto mondiale come “guerra del 15-18” senza considerare che lo scoppio del
conflitto avvenne nel luglio del ’14 e la comparazione tra due enormi genocidi:
quello Ebraico avvenuto in Europa, di cui tutti sono a conoscenza, e quello
avvenuto nel Congo dove di 6 milioni di congolesi massacrati non importa a
nessuno.
Da
queste considerazioni siamo passati poi ad analizzare il conflitto Israelo
Palestinese e di come esso, al contrario di quanto sostenuto a livello
mediatico, non sia meramente un conflitto territoriale che vede contrapposte
due nazioni, quanto invece un conflitto tra due religioni: quella Ebraica e
quella Mussulmana. A suffragio di questa ipotesi, il Professor Branca ci ha
esposto l’idea che un conflitto territoriale per quanto lungo verrà sempre
risolto con un accordo politico, e pertanto non potrà che avere una durata
limitata nel tempo, contrariamente a una guerra di religione che non si risolve
se non con l’annientamento totale di una delle due parti in causa che in questo
caso sono da un lato buona parte delle comunità Ebraiche mondiali, prima fra
tutte quella americana, e dall’altra l’intero mondo Arabo-Mussulmano del
Medioriente.
I
conflitti scaturiti da questi attriti (guerra dei 6 giorni soprattutto) non
hanno fatto altro però che indebolire i governi laici della regione dando il via
a una serie di nazionalismi in cui l’influenza religiosa ha assunto un ruolo
sempre più importante, fino al caso estremo della rivolta Khomeinista del 1979
in Iran che creò un regime teocratico che dura tuttora.
Ma
la base di qualsiasi conflitto è lo scontro violento di diverse ideologie. Non
conta che un’idea sia giusta o sbagliata ciò che davvero le dà rilevanza è che
la gente creda ad essa! Qualche esempio? Facile, avete presente alcuni dei riti
che contraddistinguono i padani? Come ad esempio il pensiero che sposarsi alle
sorgenti del Po sia di buon auspicio, in quanto si riprenderebbe una antica
tradizione celtica? Ebbene sì è una balla, o per dirla in termini più moderni
una fake news! I celti si univano come coppie in loco, e non avevano alcun bisogno
di andare alle sorgenti di un fiume per “convolare a nozze”.
Un
altro e forse ancor più sconcertante esempio è la trasmissione per radio dello
sceneggiato “la guerra dei mondi” interpretato da Orson Welles, era il 30
ottobre 1938. In questa trasmissione viene raccontato, con lo stile di una
edizione speciale del radiogiornale uno sbarco alieno negli USA. L’interpretazione
fu realistica a tal punto da scatenare il panico in molte persone, con
addirittura chiamate ai centralini di polizia per avere ulteriori informazioni
sullo sbarco alieno e chiedendo quanto prossima fosse la fine del mondo. Quindi
basta saper convincere la massa o che la massa sia convinta della veridicità di
ciò che ascolta o legge affinché lo diventi. Nel mondo odierno, con la velocità
delle comunicazioni e la potenza di internet, questo pericolo diventa sempre
più concreto.
Ma
la convinzione di massa può portare addirittura al conflitto come è stato per
l’invasione dell’Afghanistan da parte degli USA il cui scopo dichiarato era
quello di sconfiggere i terroristi come controffensiva per l’attacco alle Torri
Gemelle del 2001, catturando o uccidendone il capo Bin Laden (ucciso poi in
Pakistan paese alleato USA) e pacificare l’area. La guerra è ancora in corso e
una pacificazione sembra quanto mai lontana.
Guerra
che porta altra guerra, non può essere diversamente se si va a toccare il punto
nevralgico che da sempre controlla o fa da ago della bilancia di tutta l’area
mediorientale che va dalle coste mediterranee della Siria ai confini con
l’India. Il conflitto afghano, quello iracheno e quello iraniano non hanno
fatto altro che incrementare e estendere l’odio nei confronti dell’occidente di
chi in questa guerra non ha nulla da guadagnare e tutto da perdere; incanalando
così la rabbia dei popoli verso i gruppi terroristici dei Talebani, di Al
Qaeda, Boko Haram e infine l’ISIS. Tutti ampiamente foraggiati dai trafficanti
d’armi del cosiddetto mondo civilizzato.
La
convinzione di massa porta alla regressione e la regressione porta alla
distruzione, di questo sono convinto. Basti pensare a quanto la paura di chi è
diverso da noi ci porta alla emarginazione senza però avere conoscenza e
comprensione di chi e di ciò che è diverso da noi o dalle nostre idee.
Quello
che credo il professor Branca volesse farci capire è che non tutto è come
sembra o come ci viene descritto dai media e/o da chi si autodefinisce
sapiente, e che se si vuole davvero avere una idea precisa di ciò che succede
intorno a noi bisogna riuscire a capirne il contesto informandosi in modo critico e andando alla
ricerca della verità di fondo attraverso le migliori fonti che è possibile
trovare, analizzandole con l’intelligenza che contraddistingue (o dovrebbe
contraddistinguere) l’essere umano.
Andrea
Contento
Sono d'accordo con te e con il professor Branca, non tutto ciò che ci viene mostrato corrisponde alla realtà, purtroppo i media e le masse manipolano i nostri pensieri, dovremmo essere imparziali e non farci condizionare, dovremmo approcciarci al mondo con una mente vergine e non fermarci a preconcetti o apparenze.
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