GREENBOOK: Conosci il tuo prossimo
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Conosci il tuo prossimo
Uno degli insegnamenti della fede Cristiana che mi ha
sempre particolarmente colpito è:” ama il prossimo tuo come te stesso”. La cosa
particolare e che forse si tende spesso a sottovalutare è la figura del
“prossimo”, chi è il prossimo di cui Gesù parla? Se ci si riflette la
conclusione a cui probabilmente si giunge è quella di considerare chiunque come
mio prossimo, magari una persona che non conosciamo, oppure una che non ci è
simpatica, la cosa difficile è riuscire ad amarla ugualmente. Detta così sembra
follia pura, ma se indaghiamo nella nostra quotidianità è un concetto
ricorrente che si manifesta, seppure in forme differenti, sempre nella nostra
quotidianità; pensiamo ad esempio ai concetti, a volte scontati, dell’uguaglianza,
della cortesia, della gentilezza, dell’accoglienza, non sono forse una
manifestazione di amore verso il prossimo?
Gesù non specifica chi debba essere il “prossimo” dice
solo “amalo come ami te stesso”, non ci dà le specifiche, delle linee guida, per
individuarlo, come ad esempio potrebbero essere: alto, magro, basso, bianco,
nero, italiano, straniero, simpatico, arrogante, gentile o presuntuoso, sta a
noi quindi riconoscere in chiunque il prossimo e riuscire in qualche modo a dimostrargli
amore.
La domanda che potrebbe sorgere spontanea è: cosa
centra tutto sto malloppone religioso con un film simpatico, di eccezionale
bellezza, che ha vinto l’oscar come miglior film 2018? La spiegazione è molto
semplice e riguarda l’ambientazione del film e la storia che in esso viene
raccontata.
Siamo nei primi anni ’60, il razzismo, soprattutto
negli stati meridionali degli States, è imperante; i bianchi odiano gli
afroamericani la cui unica colpa è quella di essere nati col colore di pelle
sbagliato rispetto al luogo in cui vivono. In queste comunità, spesso composte
da ferventi Cristiani, l’insegnamento evangelico, di cui prima parlavo, sembra
aver subito una leggera modifica trasformandosi in:” ama il prossimo tuo come
te stesso, purché sia bianco”. La trama del film è tutta basata su un gioco di
reciproci pregiudizi dei due protagonisti Tony Lip, un rozzo italo-americano, e
Don Shirley, un benestante pianista di successo afroamericano. I due insieme
affronteranno un tour che li porterà a scoprirsi e a influenzarsi
reciprocamente, facendo cadere i pregiudizi che avevano maturato.
Il cambiamento più grande sicuramente è di Tony, che
passa dal gettare due bicchieri nell’immondizia solo perché usati da operai di
colore, all’inizio del film, al diventare amico e in qualche modo protettore di
un afroamericano. Tony in questo viaggio comprende che cosa sia la
discriminazione e quali siano gli effetti su chi la subisce: un attimo prima
sei osannato come grande pianista di successo e l’attimo dopo, una volta sceso
dal palco, sei emarginato, denigrato, umiliato, insultato, addirittura
picchiato, perfino discriminato da coloro il cui compito, in quanto forze
dell’ordine, è di garantirti protezione. Tony grazie a Shirley capirà il peso
delle parole e le conseguenze che possono avere azioni impulsive fatte senza
alcun discernimento.
La figura di Shirley è sicuramente molto particolare,
soprattutto per l’epoca, un nero ricco che sembra quasi aver più in comune con
gli altrettanto facoltosi bianchi che con i perlopiù poveri afroamericani. Disprezzato
da entrambi, dai primi in quanto nero, dai secondi in quanto percepito distante
dalla propria realtà. Gli unici momenti di gioia e serenità che nel film riesce
a conquistarsi sono quelli in cui scende dal suo piedistallo di pomposa
artificiosità e si esprime in modo naturale con Tony, mangiando del pollo
fritto, o con altri afroamericani, quando decidere di suonare il piano in un
bar.
Il titolo del film non è altro che il nome di una
guida turistica degli stati razzisti in cui si svolge il tour musicale di
Shirley, con l’indicazione di locali che accettassero persone di colore, visto
che una delle manifestazioni più evidenti della discriminazione razziale risiedeva
nella separazione per soli bianchi o soli “negri” di locali, alberghi, ristoranti
e perfino gabinetti.
Ciò che veramente colpisce è il riconoscere nel film episodi
che rimandano la mente a fatti di cronaca odierna. Frasi del tipo “ammazza il
neggar” pensavamo e speravamo di averle superate, a volte mi domando se la
società non stia regredendo a livelli che ritenevamo di aver ormai lasciato
alle spalle, atti di un oscuro passato di cui vorremmo dimenticarci e che
invece continuiamo a trascinarci dietro come una zavorra di cui non riusciamo a
liberarci. La speranza comune, limitata e futile, è che la zavorra non ci causi
ancor più problemi di quanti già non ce ne dia, come sempre nel nostro paese l’obbiettivo
invece che essere l’eliminazione del problema è quello di limitare i danni, a
volte mi sorprendo di come, una società così miope e con una visione mai
proiettata al futuro, possa continuare a sopravvivere.
Nell’Italia di oggi un grave problema è rappresentato
dalla percezione di quel senso di insicurezza la cui principale caratteristica
è l’individuare come minaccia (reale o potenziale) chiunque sia diverso dalla
massa, sia che il problema sia nella nazionalità della persona sia che sia nel
colore della pelle. Se ci pensiamo non è altro che il problema presentato e
analizzato nel film, la cosa sconvolgente del mondo d’oggi però è che questo sentimento,
di timore del diverso, viene beceramente cavalcato da politici opportunisti, i
quali, invece che promuovere una vera e reale integrazione tra le molte
diversità che da sempre contraddistinguono il nostro bel paese, spingono
esattamente nella direzione opposta aizzando e fomentando una parte della popolazione contro un’altra, non
facendo altro che alimentare ulteriormente il senso di insicurezza e creando i
presupposti per la disgregazione della società, disgregazione che non può che
portare con se un odio viscerale verso il prossimo e un razzismo quale elemento
dominante delle relazioni sociali.
Se il rozzo Tony ce l’ha fatta perché non ci può
riuscire anche l’Italiano medio? Conosci il tuo prossimo, impara a comprendere
il pensiero di chi è diverso e sappilo apprezzare per come è, con pregi e
difetti. Smettiamola di giudicare chiunque solo dai tratti somatici, dal colore
della pelle, o dalla condizione economica! Siamo tutti uguali come razza umana
e prima lo capiremo e prima riusciremo a toglierci quella zavorra scomoda di
dosso che ci pesa sempre di più, che sempre più ci rallenta, e che tanta fatica
ci fa fare nel nostro quotidiano cammino verso un mondo unito nella fraternità
e nell’uguaglianza dei popoli.
Andrea Contento

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