CULTURA E NUOVE TECNOLOGIE


Ogni tanto capita di leggere un brano, leggere il passo di un libro o ascoltare le parole di una canzone e sorprendersi della loro incredibile attualità, nonostante siano stati scritti o composti decine o addirittura centinaia di anni fa. Io non credo certo nella ciclicità del tempo come i Maya o altre culture del passato, per le quali la spiegazione di ogni evento del presente era contenuta in fatti già accaduti, è evidente però come eventi del nostro passato possano aver portato gli studiosi, i letterati e gli artisti dell’epoca a darne spiegazioni che sembrano far riferimento a fatti del nostro quotidiano presente.
Un esempio che mi è capitato sott’occhio proprio in questi giorni è un testo scritto poco meno di 200 anni orsono ad opera di un grande della nostra letteratura: Leopardi. L’opera in questione è il “Dialogo di Tristano e di un amico” nel quale l’autore, tra le altre tematiche, esprime la sua visione del mondo socio-culturale a lui contemporaneo, usando parole che, allora come oggi grazie alle nuove tecnologie e i social network, andavano sempre più affermandosi. Parole quali “cultura di massa” e “mezzi di informazione”, a distanza di così tanto tempo risuonano quantomai attuali.
Tristano altri non è che il poeta stesso, e l’amico, col quale il poeta immagina di avere questo dialogo, altro non è che la personificazione della nuova ideologia culturale emergente. Leopardi attraverso un abile artificio letterario, riesce a ridicolizzare tutte le nuove ideologie della cultura di massa messe a confronto con la precedente ideologia, quella di una cultura erudita conosciuta e composta solo dai grandi studiosi e letterati, che era prevalente fino a quel momento.  Leopardi spiega efficacemente come la diffusione del sapere non sia altro che un liquidare la conoscenza tra tutti, queste le sue parole al riguardo: “le conoscenze non sono come le ricchezze che si dividono e si raccolgono e fanno sempre la stessa somma. Dove tutti sanno poco si sa poco”. Prosegue affermando che la cosa preoccupante è che, in questo saper poco, chi effettivamente sa molto fa fatica a emergere, in quanto ostacolato dalla pochezza della massa divenuto ormai unico giudice della conoscenza altrui, valutata non più sulla base di giusto o sbagliato ma di mero piacere e utilità della maggioranza. In una cultura di questo tipo tutti pensano di sapere molto più di chi, invece, si è formato nella ricerca e nello studio, dedicando la propria vita alla conoscenza e al cercare di trasmetterla attraverso componimenti di lunga gestazione che richiesero una vita di lavoro e di studi. I più, secondo Leopardi, cercano solo conferme al proprio effimero e utilitaristico pensiero in libri che: “costano quel che valgono” e “durano quel che costano” che sono quei libri dal basso costo che vengono letti fintanto che li si ritiene in qualche modo utili ai propri scopi, libri che sicuramente non hanno il valore delle grandi opere del passato.
Il mondo che analizzava Leopardi era sicuramente diverso da quello odierno, un mondo che, però, in alcuni suoi aspetti, rivoluzionari per l’epoca, assomiglia in modo stupefacente al nostro, perlomeno riguardo ad alcune tematiche. La critica leopardiana era mossa a una società che attraverso i quotidiani, e grazie alla diffusione sempre più estesa di libri economici e tascabili, spesso romanzetti di nessuna grande rilevanza dal punto di vista delle conoscenze e della cultura, andava a trasformare la società in una massa dalla scarsa cultura.
Un mondo certo diverso dal nostro ma che rappresenta la radice di fenomeni del mondo odierno. Credo che Leopardi sarebbe inorridito dal mondo d’oggi, soprattutto dal mondo dei social, in cui la gran parte delle persone sa troppo poco degli argomenti che tratta, poche persone sanno poco o qualcosa e un numero irrisorio ha grandi conoscenze, e quest’ultimo gruppo non è che una minoranza anche tra coloro che, al di fuori del mondo digitale, hanno vaste conoscenze.
Di certo lo sviluppo tecnologico non penalizza la cultura e la conoscenza, anzi credo che uno degli scopi della creazione di internet fosse proprio quello di alimentare la diffusione delle conoscenze e una migliore accessibilità ad esse. Il vero problema, a mio avviso, sta nell’uso che si fa di queste nuove tecnologie: abbiamo tutta la sapienza del genere umano a portata di click, eppure quella tendenza a credere e a imparare solo a ciò che ci fa comodo ed è utile ai nostri scopi è un fenomeno esploso proprio grazie a questa eccessiva facilità nel poter esprimere il nostro pensiero attraverso canali che fino a 20/30 anni fa erano impensabili. Questa possibilità, grazie alla quale le informazioni giungono alla massa senza alcun filtro, utilizzando canali inconsueti e di dubbia credibilità, spesso porta a una diffusione velocissima e inarrestabile di notizie (a volte assolutamente assurde) senza porsi mai il problema di verificare la veridicità di ciò che viene scritto alimentando quel vastissimo mondo di fake news che a sua volta alimenta quella diffusa ignoranza che, spesso purtroppo, contraddistingue questo nostro 21° secolo.
Il mondo d’oggi è irreversibilmente dominato dalla tecnologia, che sicuramente ha cambiato il modo di vivere delle persone, spesso in meglio sotto molti aspetti, la tecnologia però, soprattutto nel mondo culturale e dell’informazione, va in ogni caso utilizzata con intelligenza in quanto mondo pieno di insidie.
Tutti o quasi, ormai, abbiamo non solo il diritto, ma anche la possibilità di esprimerci, su praticamente qualsiasi tema possa venirci in mente; il dialogo però ha senso se si mantiene un modo di esprimersi reciprocamente civile e rispettoso, l’idea altrui, giusta o sbagliata che sia, va rispettata, ciò ovviamente non vuol dire accettata, discutere deve avere lo scopo di provare a convincere un’altra persona della validità delle proprie idee, ma il rispetto, non solo dell’idea altrui ma anche di colui che la esprime, deve essere sempre presente. Il mondo virtuale DEVE essere guidato dalle stesse norme di comune convivenza che regolano la vita reale! Troppo spesso questo mondo, specialmente nei social network, ci sembra quel posto in cui possiamo vomitare tutto il nostro odio nei confronti di altre persone, specialmente se sconosciute, ritenendo che lo schermo ci conceda una specie di immunità, cosa che purtroppo spesso avviene a causa della difficoltà nel definire un quadro giuridico preciso che normi la realtà virtuale. Laddove non possono arrivare le istituzioni e le leggi dovrebbe però comunque arrivare il buon senso comune che invece sembra smarrirsi in un far west di dati, like, commenti e reazioni.
Sicuramente tra tutte le figure che popolano il mondo di Internet Leopardi rimarrebbe scioccato e disgustato da tutte quelle persone la cui unica fonte di popolarità e grandezza si misura in follower e like, le quali nulla producono, poco o nulla sanno, ma che hanno guadagni molto più notevoli di chi invece studia o lavora e si arricchisce di conoscenze ed esperienze, che nel nostro paese valgono poco o nulla rispetto a quell’impulso elettrico che genera ricchezze immeritate, per coloro a cui un semplice black-out potrebbe rovinare la vita.
La soluzione dei problemi che ho trattato in questo articolo non è certo rinunciare alla tecnologia ma imparare ad usarla in modo consapevole e intelligente, ricordandosi ogni tanto di staccare la spina per riscoprire il valore delle vere relazioni umane, quelle che passano attraverso il confronto con persone in carne ed ossa invece che attraverso input e output, consolidando il tutto attraverso lo studio o semplicemente la lettura di un libro concreto, durevole e cartaceo.




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