L’EUROPA AI TEMPI DEL COVID-19
Sognavamo un’Europa unita,
fondata sulla condivisione di principi e ideali; ci siamo ritrovati un’Europa
divisa e divisiva.
Credo che l’Unione
Europea non abbia mai affrontato una sfida grande come quella del coronavirus,
una malattia difficile, contro la quale ad oggi non esiste una cura efficace al
100%; una malattia che ha costretto entro quattro mura, per chi le ha, l’intera
popolazione mondiale.
Già prima del virus
questo organismo sovranazionale europeo non era particolarmente apprezzato da una
buona parte dei cittadini che ne fanno parte e in Italia gli stereotipi sull’Europa
non mancano di certo: l’UE viene vista come quella delle regole stringenti in
materia economica e di indebitamento, quell’organismo a cui bisogna far
approvare ogni anno il bilancio nazionale, è la troika che affonda gli stati, l’euro
poi è la moneta unica che ha affossato l’economia col cambio svantaggioso dalla
lira ecc… Per fare una similitudine, molti vedono l’Unione come quella sorella
maggiore un po’ rompicoglioni che ci vuol fare da madre limitando la nostra
autonomia. Come sempre enfatizzare i lati negativi è molto facile ma spesso
facendole non ci si rende conto delle situazioni da cui derivano la rigidità e la
scomodità di questa istituzione, e ancor meno attenzione si presta ai risvolti
positivi che essa ha avuto per l’intera Europa e nello specifico per l’Italia.
Da quando abbiamo una istituzione comune all’intera area Europea, soprattutto
occidentale, non si sono mai verificate guerre tra gli stati che ne fanno parte,
cosa non da poco se si pensa che solo nello scorso secolo sono iniziate nel
vecchio continente ben due guerre mondiali che hanno portato alla morte di
circa 80 milioni di persone. Passando ad analizzare la situazione italiana ci
si rende conto che, soprattutto per ciò che concerne l’ambito economico, l’Italia
ha creato il suo immenso debito pubblico con la totale sovranità monetaria ed
economica dello stato, passando da un rapporto debito pubblico/pil inferiore al
40% negli anni ’50 all’attuale 130/140% circa. L’aspetto che più colpisce dell’andamento
del nostro debito pubblico è che grazie ai trattati europei e alla moneta unica
aveva subito un calo passando da circa il 120% al 100% nel periodo che
intercorre tra la firma del trattato di Maastricht e la crisi finanziaria del
2011, anno in cui questo rapporto è tornato a salire. Ecco quindi che forse la
cura Europa ai nostri conti pubblici non ha fatto poi molto male, anzi ci ha
risollevato da una situazione sempre più insostenibile. Infine per quanto
riguarda la tanto famigerata troika in queste ultime settimane si è molto
parlato del MES, dipingendolo spesso come il mezzo attraverso col quale le
istituzioni europee vogliono affondare l’economia italiana, giustificando tali
affermazioni portando ad esempio ciò che era accaduto in Grecia. Il Meccanismo
Europeo di Salvaguardia in realtà serve a risollevare l’economia di quegli
stati a rischio bancarotta, e la Grecia è solo uno dei diversi stati che ne
hanno fatto richiesta; come lei anche Spagna, Portogallo, Irlanda, per citarne
alcuni, e a questi paesi il MES non solo è servito per salvare lo stato da un
possibile crack, ma ha anche favorito un forte rilancio dell’economia.
Portogallo e Irlanda ad esempio erano tra i paesi con i dati di crescita più
alti d’Europa pre crisi. Inoltre il caso della Grecia è sicuramente molto
particolare, la Grecia infatti aveva per anni falsificato i bilanci dello stato
in modo da mantenere consenso a livello politico prospettando un’ottima solidità
economico-finanziaria, quando la falsificazione è stata scoperta nessun
creditore sui mercati internazionali aveva voglia di accollarsi i titoli emessi
da uno stato praticamente in bancarotta, ecco dunque spiegato il perché di
condizioni particolarmente dure per poter usufruire degli aiuti economici messi
a disposizione dall’Europa e dal Fondo Monetario Internazionale. A livello
Europeo però si è deciso che per l’emergenza coronavirus l’unica condizionalità
applicata all’utilizzo dei fondi del MES è quella di utilizzare i fondi per
finanziare la spesa pubblica necessaria a un considerevole ristrutturazione dei
sistemi sanitari nazionali, soldi che quindi all’Italia servirebbero a reinvestire
su uno dei capitoli di spesa su cui negli ultimi anni si è sempre andati a
tagliare. Avere la possibilità di utilizzare 36 miliardi di euro a condizioni
economicamente molto vantaggiose, deve essere considerata un’occasione di rilancio;
mai come con questa emergenza sanitaria ci si è resi conto del valore e dell’importanza
di una efficace ed efficiente sanità pubblica: i nostri medici, infermieri e personale
sanitario sono stati trascurati troppo a lungo, almeno ora che li consideriamo
finalmente come eroi la politica deve impegnarsi a fare in modo che lo siano davvero
valorizzando il loro lavoro con ogni mezzo possibile, MES incluso.
Una delle colpe che si
addossano all’Unione Europea è quella di aver adottato misure economiche in maniera
tardiva e con scarsità di fondi rispetto alle reali necessità dei paesi membri.
Ma quali sono effettivamente queste misure economiche e quanti soldi mettono a
disposizione? Ecco la lista delle misure adottate finora:
- · Il 2 aprile la Commissione europea ha proposto di sostenere direttamente i sistemi sanitari degli Stati membri dell'UE, mobilitando 3 miliardi di euro dal bilancio dell'UE, con la possibilità di contributi supplementari da parte degli Stati membri e soggetti privati.
- · Nella riunione del Consiglio europeo del 23 aprile, i leader degli Stati membri hanno approvato il pacchetto da € 540 miliardi proposto dall’Eurogruppo e hanno affidato alla Commissione il compito di definire le caratteristiche e il volume di un Recovery Fund (che potrebbe valere tra i 1000 e 2000 miliardi di euro). Il Recovery Fund è un fondo di nuova costituzione con cui la Commissione europea andrebbe a raccogliere fondi sui mercati, utilizzando come garanzia il bilancio europeo 2021-2027 rafforzato da nuove contribuzioni dirette e maggiori garanzie da parte dei Paesi. I fondi raccolti dovrebbero essere destinati dall’Unione europea ai Paesi più in difficoltà, Italia in testa. Questi soldi sarebbero in parte presti a lunga scadenza, con tassi ridotti, e in parte a fondo perduto. Il fondo al momento è solo una proposta che però sicuramente aiuterebbe moltissimo gli stati maggiormente colpiti da questa emergenza come Italia e Spagna.
- · A fine marzo la Banca Centrale Europea ha varato il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP), il nuovo programma da 750 miliardi di euro finalizzato all’acquisto di titoli di stato, per aiutare i 27 Paesi UE a sconfiggere l’emergenza economica innescata dal coronavirus.
- · Su proposta della Commissione europea, 37 miliardi di euro nell'ambito della politica di coesione sono stati destinati alla lotta contro il coronavirus e ai sistemi sanitari, imprese e lavoratori colpiti dall’emergenza. Tra 6 e 10 miliardi (calcoli ancora in corso) andranno a beneficio dell'Italia.
- · Il 2 aprile la Commissione europea ha proposto SURE, uno strumento di solidarietà di 100 miliardi di euro per aiutare i lavoratori e le imprese in difficoltà. Attraverso SURE, verranno erogati prestiti garantiti dagli Stati membri. Questo meccanismo è un fondo per finanziare la cassa integrazione nei Paesi in difficoltà a causa dell'emergenza coronavirus.
- · 1 miliardo di euro sarà riorientato dal bilancio dell'UE come garanzia per il Fondo europeo per gli investimenti, al fine di incentivare le banche a fornire liquidità a imprese a piccola e media capitalizzazione. I finanziamenti così mobilitati, per un totale di circa 8 miliardi di euro, permetteranno di aiutare almeno 100 mila imprese europee.
- · La Commissione Ue propone di estendere l'ambito di applicazione del Fondo di solidarietà dell'UE includendo la crisi della sanità pubblica, al fine di mobilitarlo in caso di necessità per gli Stati membri più duramente colpiti. Nel 2020 sono disponibili fino a 800 milioni di euro.
Queste
le misure più rilevanti, non sono da dimenticare però anche politiche di proroga
a meccanismi già esistenti quali la PAC, deroghe alle normali regole europee quali
la sospensione del patto di stabilità europeo permettendo quindi uno sforamento
superiore al 3% del rapporto deficit/pil, oltre ai finanziamenti per startup relative
all’emergenza covid-19 e ai fondi sbloccati per l’acquisto diretto di
dispositivi medici quali mascherine, respiratori e tamponi. Resta da chiedersi l’UE
poteva fare di più e meglio in questo frangente? Probabilmente sì. Va però
sottolineato che uno stanziamento di 3/4000 miliardi di euro a sostegno degli
stati membri non è certo irrilevante, è vero che parte di questi fondi vengono erogati
a titolo di prestito ma se non li concedesse l’Europa andrebbero comunque
trovati sui mercati finanziari con tassi di interesse decisamente maggiori.
Secondo
me più che a livello economico le istituzioni europee si sono mosse molto male
sul piano delle scelte da adottare per affrontare l’emergenza, ci sarebbe
voluto un grande piano unitario e comunitario, di cui però non si è vista neanche
l’ombra. Ogni stato ha agito in modo totalmente autonomo nelle scelte e nelle
misure da adottare per contrastare il virus, creando il paradosso di avere stati
all’interno dell’Unione, come l’Italia, in pieno blocco totale delle attività,
ed altri in cui si poteva girare liberamente senza alcun tipo di restrizioni,
nonostante allarmanti dati riguardanti morti e contagi. Ancor più grave reputo la
totalmente arbitraria scelta da parte dei singoli stati di sospendere
unilateralmente un trattato europeo, quale quello della libera circolazione di Schengen
e lo stesso sta avvenendo con le riaperture dei confini dove ogni stato decide
a chi e quando riaprire. Un maggior coordinamento da parte dell’UE avrebbe
potuto far sì che emergesse finalmente quell’Europa che vorremmo e che ancora
non vediamo, una Europa forte che vada oltre i sovranismi e i nazionalismi dei
singoli stati, una Unione che elimini le barriere che dividono i popoli anziché
agevolarle.
Questa
crisi però ci ha anche dimostrato l’incredibile fragilità politica dell’unione.
Alle ultime elezioni Europee si era riusciti ad ottenere quello che sembrava un
grande risultato: far sì che i partiti a forte identità sovranista non
controllassero le istituzioni europee. Con la crisi derivante dalla pandemia, però,
abbiamo scoperto cosa significa avere una Unione Europea in totale balia del
volere dei singoli stati, soprattutto nei momenti in cui le istituzioni europee
erano chiamate a decidere quali strumenti economici adottare per affrontare l’emergenza.
Per i meccanismi decisionali dell’UE infatti un singolo paese, come nel caso
dell’Olanda riguardo la proposta degli Eurobond, ha potuto bloccare l’intero processo
decisionale, un solo voto contrario, e tutto si ferma. Il meccanismo ha
sicuramente il pregio di far sì che quando si prende una decisione non vada a
penalizzare nessuno, il rovescio della medaglia, però, ha dei risvolti
disastrosi: per gli interessi nazionali di un singolo paese si vanno a bloccare
decisioni che vanno a favore, o che comunque sono accettate, da tutti gli altri
stati membri. Come può esserci integrazione in Europa se ogni nazione continua
a pensare sempre e solo al proprio orticello invece che vedere i vantaggi che
potrebbe portare una sana e proficua collaborazione con gli stati vicini? La
debolezza europea si è notata ancor di più riguardo a un fatto accaduto durante
questa crisi: il ritorno dopo 75 anni di una dittatura in Europa. Mi riferisco
al caso Orban, in Ungheria, dove dal 30 marzo il leader ungherese ha ottenuto
pieni poteri per gestire l’emergenza sanitaria.
Il problema è che questi poteri
straordinari non hanno una data di scadenza oltre al fatto che alcune delle
misure adottate, che peraltro nulla centrano col contrasto alla malattia,
costituiscono un serio pericolo per la democrazia, e non solo per quella
magiara: quanti altri leader sovranisti saranno pronti a chiedere poteri
speciali per gestire l’emergenza sanitaria e la successiva fase della ripresa
senza che l’UE faccia qualcosa di concreto per fermare questa follia sovranista?
In Italia una richiesta simile già l’abbiamo vissuta, peraltro ben prima che ci
fosse lo spauracchio di una crisi sanitaria ed economica globale. Per fortuna
la cosa si è poi risolta in un nulla di fatto, ma anche il solo fatto che si
usino espressioni quali “datemi pieni poteri” dovrebbe far riflettere su quanto
fragile possa essere la democrazia in quell’Europa che per prima l’ha
conosciuta e sperimentata.
Io
mi auguro che questa pandemia si concluda presto, in Italia, in Europa e nel mondo.
Troppi sono stati i morti, troppe le sofferenze e i disagi che ha causato. I 27
dell’Unione però devono capire che questo virus può e deve portare a una
rinascita della solidarietà europea, una rinascita dei valori che i paesi fondatori
avevano in mente al momento dell’istituzione di questo organismo sovranazionale,
è necessario che venga compreso il fatto che solo uniti si può riuscire a superare
le difficoltà. In questi tempi così
difficili sta anche a noi cittadini Europei spingere affinché questa aggregazione
di popoli e di culture tanto diverse tra loro riesca finalmente a trovare quell’unità
che tanto faticosamente stiamo ricercando da 70 anni.





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